Archimede Seguso a Milano per affari.
E’ la Pasqua del 1935.

 

PRESENTAZIONE

 

LA MATERIA SUBLIME

Vaso merletto bianco tenue e Vaso merletto bianco con colore sfumato, 1953.

Presentiamo in queste pagine alcuni “Merletti” di Archimede Seguso che, nell’introdurre il tema di questo 11° Quaderno, si rivolge così ai suoi amici, collezionisti ed estimatori.

“Questo quaderno è un omaggio a tutti coloro che mi hanno definito come il maestro dei “Merletti”, che ho ideato intorno agli anni Cinquanta e che qualcuno disse esser stata la mia massima realizzazione artistica: vedremo cosa dirà il tempo!

Mi sono divertito moltissimo per 70 anni in fornace giocando con il vetro, che per me è una materia sublime, alla quale mi sono donato e dalla quale ho ricevuto, giorno dopo giorno, confidenzialmente i suoi segreti.

E’ quindi ovvio che io non abbia realizzato solo i merletti, ma in tutte le migliaia e migliaia di manufatti ho sempre cercato di soffiare nel vetro anche un poco della mia anima”.

Archimede Seguso

I “Merletti” di Archimede Seguso, prima di essere esposti a Londra in una prossima grande mostra, saranno presentati a Bolzano, nell’ambito della Mostra dell’Antiquariato, dal 19 al 21 ottobre, in una sezione dedicata.

Coppa Merletto, 1954.

 

ATTUALITÀ CULTURALE

Vaso e Coppa Merletto Bianco, anni ’50.

 

I MERLETTI DI
ARCHIMEDE SEGUSO

Orginali e complesse varianti tecniche dell’antica ‘filigrana’ di vetro create negli anni ’50 dal maestro muranese. Ripresentate oggi, a quarant’anni di distanza, le delicate trame di vetro nel loro intramontabile splendore

Esistono nella più antica tradizione muranese due tecniche considerate sinonimo di venezianità perchè trasferiscono nel vetro la fragile bellezza dei palazzi di Venezia e la sublime raffinatezza della sua arte. Sono la filigrana a retortoli, detta dall’Ottocento anche Zanfirico, e la filigrana a reticello, assimilate non solo dalla antica denominazione comune di filigrana, ma anche da analogie nel processo di lavorazione e dall’effetto di delicato merletto suscitato dagli intrecci dei fili vitrei, interni alle sottili pareti dei vasi. Le due tecniche risalgono alla prima metà del Cinquecento ed hanno accompagnato nei secoli le diverse vicende dei vetrai muranesi, che le hanno fatte conoscere anche ai loro colleghi di altri paesi, pur mantenendo il primato in queste lavorazioni.

Vasi con larghe irregolari tessere di merletto, 1952.

Nel secondo Ottocento gli autori ed i collezionisti inglesi, i primi a riscoprire la qualità dell’arte vetraria veneziana, coniarono per queste tecniche la suggestiva denominazione di “Vetro di Trina”, colpiti dalla somiglianza delle filigrane con i lavori d’ago e di fusello eseguiti dalle donne delle isole lagunari. La locuzione “Vetro di Trina” è da tempo caduta in disuso ma nel nostro secolo nuovi raffinatissimi tipi di filigrana hanno suscitato, ancora più immediata, la suggestione della trina e del merletto, così da meritare appunto la denominazione di “Merletto”.

Sono i Merletti di Archimede Seguso, il quale ha ideato originali e complesse varianti tecniche della filigrana, con esiti estetici inaspettati e delicatissimi, dopo che per quattro secoli il reticello e lo zanfirico erano stati caratterizzati dalla assoluta ripetitività dell’intreccio e la fantasia dei vetrai si era espressa, in questo settore, soltanto nella ricerca di forme nuove e di accostamenti cromatici sempre diversi. Per secoli quindi la filigrana era stata il regno della tradizione e della adesione a canoni estetici e tecnici consolidati.

Ciotola opaca con merletto bianco all’interno, anni ’50.

I Merletti vennero concepiti da Archimede Seguso nei fertili anni del secondo dopoguerra, quando, lasciata là Seguso Vetri d’Arte, di cui era stato socio fondatore, aprì la propria azienda che da lui prese la denominazione di Vetreria Archimede Seguso. La sua fama di maestro e artista del vetro era ormai consolidata grazie alle straordinarie opere vetrarie da lui realizzate fin dai primi anni Trenta. Le opere degli anni Trenta, sculture modellate a caldo e morbidi vasi dalle spesse pareti, erano improntate dalla plastica solidità dello stile Novecento, si fondavano quindi sulla esaltazione di valori vetrari di segno assolutamente opposto rispetto alla trama delicata e quasi impalpabile dei Merletti. Senza abbandonare le ricerche plastiche, che comunque rimasero un filone creativo fondamentale per Archimede Seguso, il maestro si volse parallelamente al recupero in chiave assolutamente moderna delle tradizionali tecniche dei sottili soffiati, trascurate nel periodo Novecento.

Vasi rosa merletto, primi anni ’50

Vasi in merletto e rubino, 1950

II ritorno alla leggerezza, alle vivaci policromie, alle filigrane, alle murrine, agli incalmi, costituì il comune denominatore per i creatori muranesi impegnati nel rinnovamento del dopoguerra. Se essi trovarono, grazie alle tecniche della tradizione, forme e decorazioni che apparivano in singolare sintonia con le più aggiornate tendenze dell’arte e del design, Archimede Seguso affrontò un rinnovamento più radicale che coinvolgeva le tecniche stesse.

Vaso e Coppe fantasia bianco nera, 1958.

II maestro Seguso si impegnò quindi su due fronti, il primo dei quali evidenziava la volontà di applicare la sua maestria nella modellazione plastica a forme più attuali. Ecco quindi piccole sculture figurative dalle strutture essenziali e vasi dalle pareti spesse e morbidamente plasmate in sintonia con le più significative espressioni di arte informale del dopoguerra, di cui riecheggiavano anche i vaghi cromatismi. Così apparivano ad esempio le serie a Macchie Ambra e Verdi del 1952 ed i Pennellati del 1953, mentre altri modelli di analoga consistenza plastica ma più classici e simmetrici soddisfacevano una clientela dai gusti più tradizionali.

II secondo fronte sul quale si impegnò Archimede Seguso fu quello, come si è detto, del recupero delle tecniche della più antica tradizione muranese, della filigrana in particolare. Se per le opere di valore plastico sviluppò il lavoro già impostato negli anni Trenta, per le ricerche sulle tecniche antiche, trascurate in quel decennio, attinse alle esperienze fatte fin dai primi anni della sua carriera vetraria iniziata accanto al padre e ad altri valenti vetrai di formazione classica. I primi significativi lavori del maestro con la filigrana risalgono al 1950 e sono dei reticelli dalla trama perfetta e dagli inusitati colori, rosso corallo ad esempio. Le grandi novità di Archimede Seguso vennero però edite nel 1951, I’anno della IX Triennale, che vide i muranesi contrapposti a presenze nordiche di altissimo livello, ed il 1952, I’anno del la XXVI Biennale, che dedicò una ricca retrospettiva al vetro di Murano, due appuntamenti quindi di eccezionale rilievo.

Vaso e Coppa merletto con pois ametista, primi anni ’50.

Nel 1951 realizzò le coppe a grandi petali di canne zanfiriche, i vasi ovoidali a larghe fasce rettilinee o zigzaganti a vivaci colori, la serie a Nastro Richiamato caratterizzata da fasce colorate che salgono diagonalmente lungo la parete del vaso per poi tornare verso il basso lungo una diagonale opposta, con interposta foglia d’oro. Essenziali e moderni nel disegno, potevano essere eseguiti soltanto grazie ad un azzardato processo di lavoro. Costituivano un rebus tecnico che colpiva anche gli esperti vetrai. La stessa stupita ammirazione suscitavano anche i Merletti, i primi meshes realizzati nel 1951 ma esposti ufficialmente alla Biennale del 1952.

La sottile parete dei Merletti era percorsa da una sottilissima trama di fili vitrei, irregolare in apparenza, in realtà delicatamente armoniosa. Di deciso impatto grafico – spesso il colore è assente – gli intrecci astratti dei Merletti sembrano prescindere dal supporto della parete di cristallo, simili ai pizzi eseguiti ad ago col “punto in aria” delle merlettaie lagunari.

Tre opere in vetro fantasia diagonale, 1951.

Alcuni Merletti erano modellati in essenziali forme simmetriche ma, già nelle vetrine della Biennale del 1952, apparvero soffiati arditamente irregolari, come accartocciati. La fitta trama di alcuni Merletti risultava inoltre interrotta da zone o “finestre” di puro cristallo, incorniciate da sottili e inquieti fili vitrei scuri. Tale audacia, inaspettata in un maestro educato all’elegante armonia delle forme ed all’assoluta perfezione dei tessuti vitrei, non poteva spiegarsi che con la adesione, consapevole o puramente emotiva, al linguaggio dell’arte astratta di quel decennio, dello Spazialismo in particolare, tanto vivace nell’ambiente veneziano.

Altri Merletti vennero composti in un patchwork evidenziato da suture di vetro colorato. Più suntuosi risultavano invece i vasi della serie Fantasie a Nastro, detti anche Doppio Merletto, presentati alla stessa Biennale del 1952, la cui complessità conferiva maggiore consistenza alla parete vitrea. Giocati per lo più nei colori ametista e bianco, si infiammavano talvolta di inusitate fasce di vetro corallo.

Vasi con larghe irregolari tessere di merletto, 1952.

Vasi in merletto puntiforme, anni ’50.

Egualmente nel 1952 realizzò i delicatissimi soffiati di vetro avorio a foglia d’oro e i vasi a losanghe, simili nella luminosa opacità a giade antiche. Le Biennali e le Triennali scandirono per tutto il decennio lo sviluppo delle ricerche di Archimede Seguso. Le due manifestazioni vennero a coincidere nello stesso 1954 ed il maestro propose a Venezia e a Milano numerose novità, tra cui le varianti dei Merletti a larghe macchie circolari colorate ed a decoro puntinato, ottenute con processi tecnici differenziati. Accanto a questi, la serie Composizione Lattimo a meandri di canne ritorte, molato nello spessore, i soffiati a Festoni a canne zanfiriche parallele, non più radiali, molate per metà, ed i soffiati a Spiraline, di mezza filigrana con cannette di zanfirico inserite in una seconda fase della lavorazione a caldo. Erano contemporanei a queste delicate varianti innovative della filigrana, i plastici vasi a zone sfumate in verde, corallo, ametista, a foglia d’oro.

Vasi in merletto puntiforme, anni ’50.

Nel 1955 Archimede Seguso elaborò una nuova variante dei Merletti ritagliati questa volta in lobi radiali dal fondo del vaso, talvolta in colorazioni inusitate come giallo, verde acido, corallo, in soffiati di grosso spessore. Di impatto avveniristico, la bellissima serie Etere presentava delle forme classiche abbinate ad elementi in cristallo massiccio con sommerse spirali di reticello.

Dagli anni 1955-56 Archimede Seguso si fece portavoce di una tendenza nel vetro muranese, che, satura di complesse decorazioni e di vivaci policromie, proponeva morbidezze tonali e materiali traslucidi. Più e più volte la sua fantasia lo riportò però a confrontarsi con la filigrana. Le serie più importanti sono le delicatissime Piume del 1956, le più forti fantasie Bianconere del 1958 e alcuni linearissimi soffiati che rispecchiavano l’assoluto rigore cromatico e formale degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta, i Fili Continui, le Filigrane Stellate, gli Spinati ed i Petali.

Giunto nel 1989, all’età di ottant’anni, senza abbandonare la sua appassionante carriera di maestro creatore, Archimede Seguso ha pensato di sottolineare la ricorrenza riaprendo la serie delle delicate trame del vetro, riallacciandosi idealmente ai Merletti realizzati da lui stesso quattro decenni prima circa. Ecco quindi che alla ampia retrospettiva a lui dedicata nel 1991 nelle sale di Palazzo Ducale i visitatori poterono ammirare le intricate composizioni dei vasi Riflessi (1989) e dei vasi a Rete (1991).

Vasi con larghe irregolari tessere di merletto, 1952.

Vasi in merletto puntiforme, anni ’50.

Vaso e Coppa  oro a petali filigranati, 1951.

Candelieri a losanghe, 1952.

Vaso e Piatto con piume, 1956.

Vasi merletto con fili verticali ametista, 1954.

Vaso merletto giallo, anni ’50.

Vasi a fasce gialle e merletto, anni ’50.