QUADERNO 4

Archimede Seguso sulla porta della sua fornace a Murano in una foto del maggio 1994. II maestro muranese ha iniziato a lavorare in fornace all’età di 11 anni, nel 1920, e da allora ad oggi continua a creare ininterrottamente capolavori d’arte vetraria. I vetri di Archimede, presenti in musei e in prestigiose collezioni in Italia e all’estero, sono un susseguirsi di forme, tipologie, tecniche sempre nuove.

 

PRESENTAZIONE

 

ININTERROTTAMENTE MAESTRO

Il quarto “Quaderno di Archimede Seguso” è interamente dedicato alla mostra del grande maestro muranese che avrà luogo a Lione, dal 19 gennaio al 10 marzo, presso la Hall d’Honneur del Credito Lionese, con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura e la costruttiva collaborazione di Gina Giannotti.

Opere antiche e nuove, a sottolineare la straordinaria ed inarrestabile creatività di Archimede che dagli anni Trenta produce capolavori d’arte. E con questi ha accompagnato non solo le vicende e l’evoluzione delle tecniche della tradizione vetraria muranese ma la storia stessa del nostro paese. Un omaggio dunque ad un artista che ha saputo creare, anticipare, interpretare eventi del nostro secolo, tradurre in opere, pensieri, sentimenti, emozioni. Così la mostra di Lione rappresenta un’occasione “nuova” per ammirare le opere del maestro, perchè non vi è mai, nella camera artistica di Archimede, un déjà vu, ma ad ogni nuova esposizione la sorpresa e l’incanto si rinnovano.

Opere antiche e attuali dai vetri degli anni ’30 a quelli creati nei giorni recenti di questo 1994: gli animali, le sculture, le filigrane, i merletti; specchiere, servizi da toilette, da fumo, da tavola, trionfi e candelieri; le recenti “rotture” e gli “intrichi”; i presepi.

Le immagini del “Quaderno” parlano da sole. Raccontano la lunga e appassionante storia del vetro, il talento, l’abilità, l’esperienza di un uomo che all’arte vetraria ha dedicato tutta la vita: un secolo quasi di produzioni che, anche per la carica emozionale, rappresentano un compendio della più alta espressione artistica della millenaria lavorazione del vetro.

Nei primi giorni del nuovo anno sarà disponibile il libro:  Archimede Seguso.  Maitre Verrier a Murano, a cura di Renato Polacco, un documento sulla vita e l’opera del maestro.  Un altro divenuto della nostra cultura in movimento.

 

ATTUALITÀ CULTURALE

 

ARCHIMEDE SEGUSO
MAITRE VERRIER A MURANO

In mostra a Lione, dal 19 gennaio al 10 marzo, opere antiche e nuove del grande artista che ha saputo tradurre, nelle sue creazioni, sentimenti e tendenze di quasi un secolo di storia. Interprete puntuale di una cultura in movimento.

Specchio, 1936, h. cm 50 x I. cm 41. Specchio con cornice a coste ritorte in vetro verde, decorato sulla sommità da una conchiglia e, al centro, da un bouquet di tulipani legati da un nastro.

La complessa e sfaccettatissima produzione di Archimede non cessa mai di rinnovarsi, continuando quindi a riservare delle sorprese. Quando ci si accinge a visitare l’archivio delle sue opere si rimane sbigottiti, non solo per la loro quantità, ma anche e soprattutto perchè è impossibile scegliere un esemplare che rappresenti tecnica e linea di un determinato periodo tanta è la sua creatività. II discorso formale rende singolari e quasi contrastanti le varie opere, per particolari caratteristiche che ogni volta infonde in ognuna di esse.

La volontà dell’artista è quella di voler trovare una perfezione che superi tecniche e forme di oggetti anche appena creati.

Quindi, una parte della mostra ha carattere retrospettivo e l’altra ovviamente documenta la produzione più recente.

In questa mostra gli anni Trenta sono rappresentati da una serie di creazioni in cui s’impone la decisa volontà di Archimede di prendere le distanze dalla produzione “Vecchia Murano”, che altre “fornase” continuavano a prediligere per esclusivo scopo commerciale, con il preciso proposito di impostare invece un discorso artistico assolutamente indipendente da eventi sorpassati e coerente con la funzionalità di un oggetto e la essenzialità formale richieste dalla cultura determinatasi a seguito dell’evoluzione della scienza e del dilagante positivismo. La specchiera a trittico con candeli e laterali del 1937 svela subito all’osservatore il desiderio di “nuovo” sovvrappostosi ad un sostrato culturale e consolidato sull’antico.

Specchio da tavolo, 1937, h cm. 47 x I. cm. 82. Specchio a trittico con cornice a coste ritorte in vetro cristallo con oro che si avvolge in volute ricci al vertice e ai lati dove si inseriscono i portacandela.

Particolari delle linee ondulate del cordolo di vetro recinge la triade di specchi avvolgendosi in eleganti volute sul vertice e ai lati, ove s’inseriscono i candelieri, e rievoca specchi settecenteschi e ottocenteschi, ma assolutamente filtrati dalla nuova visione che Archimede ha di un’opera d’arte. Una profilatura in metallo dorato che, seguendo la flessuosità del cordolo, si coniuga perfettamente con la conchiglia inclusa dai due ricci vitrei del cimiero: senso plastico (che prelude alla scultura in vetro massello), essenzialità lineare e assemblaggio di materiali diversi alla ricerca di una coerenza formale.

Volpe in vetro massello verdino, anni ’40.

Analogo discorso può essere esteso alla specchiera del 1936 dove le forme assunte da Archimede si traducono in chiave di moderne essenzialità come l’elegante mazzo di tulipani verdi raccolti da un flessuoso nastro. Gli stereotipati ingredienti decorativi ormai inflazionati dei trascorsi secoli si sono trasformati per mano del maestro in oggetti deliziosi per la purezza delle linee e la delicatezza dei colori.

Nei vasi di vetro bruciato e oro, disegnato nel ’38 e realizzato successivamente, si approfondisce questo senso di naturalismo giunto ad una perfetta stilizzazione.

In questo periodo esegue anche una volpe in vetro massello verdino che con le sue forme agili e flessuose a stento viene distinta dal cespuglio in cui sta accovacciata, quasi in attesa di un recondito messaggio che la induce a spuntare un salto. Un’operazione intellettuale raffinatissima ha presieduto alla creazione di quest’opera, che si pone come un esemplare di scultura vitrea, in cui l’arte di Seguso si distingue per una immediatezza espressiva e creativa dalle abbondanti opere di analogo genere francesi dove il ridondante decorativismo realizzato con ingredienti orientaleggianti inquina le suggestioni poetiche sulle quali sottende l’idea ispiratrice di questi capolavori del Liberty.

Vaso, irregolare tronco d’albero, 1948, h. cm. 40 x I. cm. 22,5. Vaso ovoidale con collo ampio sporgente in vetro di colore bruciato con oro; superficie mossa ed irregolare. Realizzato nel 1948 su disegno del 1938.

Nella produzione di Archimede degli anni ’40 è curioso notare come questa rispecchi esigenze di una nuova società in cui il cinema diviene immagine suscettibile di imitazione. Così Archimede crea i “servizi per toilette” in vetro verde, composti di bottiglie per il profumo, spruzzatore e scatole per la cipria che permettono alla donna-diva di mettere a punto il suo maquillage. Ad analoga funzione rispondono pure i “servizi da rosolio” con bottiglie e bicchierini come pure i “servizi da sigarette” con portacenere, portasigarette e portafiammiferi che divengono in questi anni quasi necessari all’arredamento della nuova casa.

Portacandele, 1948, h. cm. 13 x I. cm. 18,5; h. cm. 19 x I. cm. 27. Portacandele a due fiamme in vetro trasparente a coste ritorte di cui uno su base semisferica costolata.

Del 1948 sono i candelabri a due e tre bracci in vetro trasparente. Anche se in essi è evidente il richiamo alla cultura “Vecchia Murano”, per Archimede è importante rinverdire queste forme insterilite con una nuova sensibilità: semplificazione essenziale del motivo della spirale, potenziando in tal modo la luminosità, dandole vita. Di estremo interesse per la sua “modernità” si configura il centro tavola (1950) in vetro cristallo-oro costituito da grande coppa centrale sorretto da quattro bracci terminanti in reggicandela e permutabili in coppette. Alla semplificazione delle linee e delle forme portate all’essenziale funzionalità corrisponde la destinazione ambientale dell’ornamento: una nuova casa asettica americana. In vetro avorio assai denso e oro dagli effetti metallici, caratteristica di questi primi anni ’50 (anche nei lampadari si tendono ad assemblare i pezzi vitrei tra di loro mediante raccordi d’ottone che si mimetizzano nei colori dorati della sostanza vetrosa), i candelieri, le basi, i vasi rispondono all’essenza e alla funzionalità dell’oggetto secondo queste esigenze estetiche moderne.

Centrotavola, 1951, h. cm. 46 x I. cm. 35. Centrotavola in vetro cristallo e oro formato da una coppa centrale sorretta da quattro braccia arcuati terminanti in portacandela permutabili in coppetta.

Vasi spinati, 1972, h. cm. 36 x I. cm. 13; h. cm. 26 x I. cm. 12,5 Vasi in vetro trasparente decorati internamente con fili giallo opaco a spina di pesce.

In vetro corallo e oro su cui si appoggiano fiori e foglie di cristallo dorato, vengono creati i vasi costolonati.

L’armonia delle linee e del colore sembrano sintetizzare molti aspetti di Venezia e della sua arte.

La ricerca dell’assoluto formale, a cui tende l’Artista attraverso la continua sperimentazione, sembra essere appagamento per Archimede. Ciò gli consente di realizzare tecniche e accostamenti materici che sfiorano il virtuosismo. Questo è l’autentico atteggiamento dell’artista posto di fronte ad una materia come il vetro la cui plasmabilità risponde ad ogni istanza dell’intelligenza di chi la tratta: quanto più è viva “l’invenzione” del maestro tanto più svariate sono le “fades” assunte dal vetro.

Servizio da toilette, 1940. Servizio da toilette composto da bottiglietta (h. cm. 20,5), spruzzatore (h. cm. 14) e scatola (h. cm. 13) in vetro a coste verde trasparente.

Servizio da rosolio, 1940. Bottiglia in vetro blu cobalto con tappo massiccio (cm. 19,5) e sei bicchierini cilindrici (cm. 5,5).

La ricerca di nuove tramature ha inizio a cavallo degli anni ’40-’50. In questo periodo si collocano due coppe in cristallo con tre spirali stilizzate a triangolo di fili bianchi e il piccolo “bacile” con intrecci concentrici di zanfirico bianco.

L’eleganza di queste creazioni nasce dal perfetto equilibrio tra il fondo (cristallo) e filamenti bianchi che preludono la nascita del merletto. E’ questa una rivisitazione dell’antica tecnica della filigrana e del reticolo che ha come partenza un filo di vetro bianco opaco. Esso ripercorre longitudinalmente il corpo dell’opera ritorcendosi ed avvitandosi con movimento elicoidale fino a tessere completamente il vetro con una tramatura complessa e ripetuta.

Due o tre anni dopo, Archimede materializza, nei vasi spinati, 1972, h. cm. 36 x I. cm. 13; h. cm. 26 x I. cm. 12,5 e vasi in vetro trasparente decorati internamente con fili giallo opaco a spina di pesce, “piume” vibranti di tubi di vetro colorati e immobilizzate in vetro trasparente, un’apparizione surreale sospesa nello spazio.

Bimbo, 1972, h. cm. 28 x I. cm. 16. Testa di bimbo reclinata sulla spalla in vetro colore alessandrite, lavorata a massello su base con sezione ovale nera.

Vasi intrico, 1994, mis. cm. 31, 5 x 18; cm. 27 x 19; cm. 22,5 x 25. Vaso con sezione ovale, vaso con sezione circolare e vaso ovoidale con base e collo cilindrico, in vetro nero, decorati da intrecci di fili avventurina.

L’esercizio tecnico è tutt’ora presente nell’opera di Seguso, negli anni ’90 nasce un complesso di creazioni in cui l’assoluto formale anche in queste circostanze è stato attuato. Nei “vasi riflessi” (1990) l’artista imposta la perfezione formale nell’armonioso equilibrio tra le parti tramate e le parti intarsiate in vetro cristallo.

Nei “vasi a rete” bianco-corallo, il vetro è articolato e mosso dalle estese superfici a rete delimitata dalle aree in cristallo, in corrispondenza della base e dei nastri dal colore denso e contrastante all’imboccatura.

Nei due “vasi a raggi” del 1992 vediamo accostato il cristallo ad un motivo stellato verde e avventurina di una delicatezza e di una raffinatezza assolutamente proprie di Archimede. Ogni stella sembra accendersi di riflessi dorati sulla diafana trasparenza del cristallo mano a mano che si circola con lo sguardo attorno alla cangiante superficie.

Cavallo, 1950, h. cm. 20 x I. cm. 34. Cavallo in vetro iridescente lavorato a massello.

Altri due vasi del 1993 arricchiscono la documentazione della creatività di Archimede che si configura sempre più inesauribile mano a mano che l’artista procede negli anni. II primo in vetro cobalto, ad imboccatura larga, è avvolto da una “nuova mezza filigrana” di canne lattimo riportate. L’altro vaso sferico, con imboccatura stretta e svasata, decorato da un intreccio di canne cristallo corallo e lattimo, si impone per la delicatezza minuziosa della trama complessa dei fili intrecciati in cui i colori, intessendosi, si risolvono in un rosso spento che accentua il contrasto con le trasparenze del fondo cristallo occhieggiante fra le fitte maglie. Anche negli ultimi mesi del ’93, Archimede è riuscito a piegare la tecnica dell’ “Intrico” a soluzioni assolutamente inedite documentate da tre vasi in cristallo nero e avventurina. La complessa ed articolata trama delle ramificazioni dell’ “Intrico” in avventurina, avvolge il cristallo nero, affondandosi nella sua materia e riemergendo con vibrante effetto luminescente, laddove s’intensificano i raggi di luce incidente che vanno a colpire le emergenze delle superfici più esposte ad esse.

Masorini, 1951, h. cm. 18, 5 x 15; cm. 20,5 x 10; cm. 23 x 10. Gruppo di tre masorini lavorati a massello, in vetro lattimo con oro sommerso cristallo.

Mano, 1993, mis. cm. 24 x 13. Mano lavorata a massello in vetro cristallo con oro.

Prodotti elaboratissimi dunque, che richiedono interventi decisi e ineccepibili nell’arte della soffiatura e della forgiatura della forma perfetta, alla quale inevitabilmente corrisponde altrettanta perfezione nel contesto della tessitura della trama.

La sorprendente eleganza e compostezza, l’equilibrio formale che ha sempre costituito la più pressante aspirazione dell’artista, è presente anche nella scultura del vetro lavorato a caldo, settore produttivo altrettanto ampio nell’opera di Archimede.

Guardando al “putto” in alessandrite del ’73, atteggiato a pensosa malinconia, probabilmente Archimede si è riferito ad una mostra di disegni di Guido Reni fatta a Venezia. La dolcezza del tratto e la pienezza delle forme sono in contrapposizione con le linee forti e marcate dell’ironia della testa di grottesco del 1948. E’ una scultura raffinatissima, in rosso rubino- siamese, in cui il morbido modellato consente alla luce di dilatarsi e di valorizzare nella trasparenza materica la festosa immagine.

Cornucopie, 1956, h. cm. 53 x 18,5; cm. 23 x 10; cm. 45 x 17,5. Cornucopie in vetro sommerso rubino acquamarina, rubino-cristallo, rubino giallo.

Uccellini, 1949, h. cm.15, cm.13, coppetta diametro cm. 8. Uccellini su base cristallo, in vetro trasparente con oro sfumato nei colori verde, rosso e blu. Coppetta con bordo rientrante in cristallo e oro con sfumature corallo.

Al 1993 appartiene la mano in cristallo oro. Nella primavera di quell’anno, all’alba, andando al lavoro, per strada Archimede inciampa su delle assi non segnalate e si frattura una mano. Cento sono i lunghi giorni di inattività creativa. Con la volontà di un giovane e con caparbio puntiglio, in silenzio e con molte segrete sofferenze, riattiva l’arto. Sei mesi dopo dimostra che ancora c’è un filo diretto che collega la sua azione al suo cervello creando insieme, copiandola (per regalarla al medico) la sua mano, forte, agile, ma lievemente distorta.

Vaso e cache-pot corallo, 1950, mis. h. cm. 30,5 x I. 21; h. cm. 22 x I. 27. Vaso e cache-pot costolati in vetro corallo e oro con due manici a foglie in cristallo e oro.

Anche negli animali a massello, tema ricorrente nella produzione del maestro, Archimede sa cogliere l’espressione. Nascono così negli anni ’50 uccelletti dorati in varie positure e dal piumaggio sfumato, anatre sull’acqua in lattimo dorato, verdi blu e oro, anatroccoli andanti, anatroccoli stanti. Eleganti cigni atteggiati in realistici movimenti, dalle opache delicate sfumature colorate, appaiono leggeri sulle basi verde intenso.

E’ interessante notare come questi animali subiscano l’evoluzione in parallelo col discorso artistico di Seguso. Esempio ne è dato nel 1965 in occasione dell’anno del cavallo in Giappone. Archimede per soddisfare le richieste di quel mercato, crea cavalli anche riprendendo spunti da quelli già eseguiti negli anni precedenti. Ancora cavalli, ma sempre diversi per l’evolversi dello studio del movimento e per la diversificazione della materia che consente a Seguso di rinnovarsi pure riproponendo soggetti già trattati.

Vaso a raggi, h. cm. 32 x I. cm. 21,5. Vaso ovoidale in vetro cristallo con bordo profilato blu, decorato intemamente da quattro fasce di tessere a raggi verde avventurina.

Coppa a raggi, h. cm. 14 x I. cm. 29,5. Coppa ovale in vetro cristallo decorata intemamente da tre fasce di tessere a raggi verde avventurina. Nastri verdi profilano la decorazione centrale e la bocca leggermente sporgente.

L’espressività cromatica è elemento caratteristico dell’opera di Archimede. La massa vetrosa colorata che nasce dal calore dei forni, è frutto di una ricerca tecnologica e, talvolta, empirica. L’intuizione che egli ha del colore lo conduce ad anticipare le mode. Raffinato è l’accorgimento tecnico del “sommerso” che permette di ottenere particolari effetti di intensità cromatica attraverso la sovrapposizione di più strati di vetro colorato. II gruppo di vetri realizzati nel ’56-’57 con questa tecnica, possono essere definiti “subacquei” sia per le loro fogge (pesci e vasi stilizzati, assurde cornucopie), sia per gli effetti luminescenti prodotti dai massicci vetri incamiciati nei cristallo includenti colori che vanno dal blu al rubino al lilla.

L’alabastro con cui nei ’59, in verde, sono stati creati i contadinelli con gerla, è uno dei vetri che più rispondono alle esigenze figurative degli anni ’50. La sua consistenza traslucida consente di creare vasi e figure il cui modellato plastico ed arrotondato, favorisce la realizzazione di sculture dai tratti semplificati ed effetti coloristici “pastello” prediletti dalla moda del sesto decennio. Nei 1973, anno in cui Archimede con la sua famiglia inizia la riorganizzazione dell’azienda, sperimenta in fornace vetri e colori. II gruppo di tre vasetti biansati e costolati, di brocca e bacile in opalino verde, fanno parte di una delle piccole collezioni realizzate anche in “calcedonio” e rosa opacizzato dove l’argento è componente elementare dell’impasto.

Vasi riflessi, 1990, mis. h. cm. 31 x 17,5 e 32 x 15. Vaso con sezione ovale e vaso di forma irregolare, in vetro ambra, decorati nella parte centrale da un motivo frastagliato di trasparenze ambra e fili bianco opaco.

Coppe fili bianchi, 1949, cm. 30 x 27; cm. 23,5 x 21. Coppe di forma irregolare in vetro cristallo decorate intemamente da disegni geometrici concentrici di fili bianchi. Coppetta zanfirico, 1952, cm.18 x 17. Coppetta ovale con bordo in parte rientrante in vetro cristallo, decorata intemamente da una spirale di zanfirico bianco.

Perfezione formale ed armonia di colori coniugate con la limpidezza ed il nitore della materia costituiscono la costante linguistica che ha caratterizzato tutta la produzione di Archimede Seguso pur così variata dalla sua inesauribile ed inestinguibile capacità inventiva. Sono d’altra parte i fattori fondamentali ed indispensabili per il raggiungimento della “bellezza”, attraverso la quale sentimenti o situazioni psicologiche momentanee dell’artista si astraggono dalla dimensione del “particolare” e del “personale” per elevarsi a livello di un universale messaggio.

Pur non avendo ancora l’angolazione cronologica che consente un discorso critico del tutto documentato, siamo in grado tuttavia di intuire, anche per le “rotture” di recente creazione, il processo psicologico che ha condotto l’artista alla loro creazione: risulta infatti evidentemente infranta un’unità che l’artista pensava indissoluble e che, essendo assai profonda, non si configura ancora in termini di chiara corrispondenza con la realtà (o almeno intuibile per tutti).

E’ altrettanto evidente tuttavia che il tracciato della frattura verificatasi in ogni vetro “rotto” non esclude la possibilità di ricomposizione. Trattasi di un bagaglio di sentimenti di dolore, che inevitabilmente ognuno di noi accomuna durante la vita soprattutto se il suo percorso è fortunatamente lungo, ma che Archimede Seguso anche questa volta è riuscito a sublimare nella bellezza del colore, nella luminosità, nella trasparenza, ma soprattutto nella purezza delle forme che è sempre stata la sua aspirazione, e nella quale il suo animo sa ritrovare subito quella serenità che per un attimo temeva di avere smarrito.

Paesani, 1959, h. cm. 42 x I. cm. 17; cm. 40 x 18. Figure a massello in vetro alabastro bianco e vetro alabastro verde sfumato.

Cigni, 1957. Cigni su base cristallo verde trasparente in vetro lattimo e oro sfumato rubino (cm. 14) e sfumato blu (cm. 16).

 

 

Cavalli, 1994, mis. cm. 34 x 48. Quattro teste di cavalli al galoppo, lavorate a massello su base dalle linee sinuose, in vetro cristallo con oro.