QUADERNO 15

Antonio Seguso, padre di Archimede, al lavoro nella fornace in una foto del 1894.

 

PRESENTAZIONE

 

UN IDEALE COMUNE

L’ “aria” di Tiffany e l’ “aria” di Archimede.

Archimede insieme al nipote Antonio Seguso mentre costruiscono un forno.

Mi sono accorta che per sentirmi meglio basta prendere un taxi e farmi portare da Tiffany. E’ una cosa che mi calma subito. Quel silenzio e quell’aria superba: non ci può capitare niente di brutto là dentro. Se riuscissi a trovare un posto vero e concreto dove abitare che mi desse le stesse sensazioni di Tiffany…”.

Lo dice Audrey Hepburn nel celebre film “Colazione da Tiffany”. Anche se il riferimento non è al negozio di Louis Comfort Tiffany, è singolare l’accostamento tra atmosfera di Tiffany e aria di casa. Proprio la condivisione di tale ideale di semplicità e raffinatezza e una delle ragioni che hanno portato,fin dal 1950, a collaborare insieme la Tiffany e Archimede Seguso.

Questo quindicesimo fascicolo de “I Quaderni di Archimede Seguso” ricorda tale legame.

L’abbinamento è significativo anche perchè entrambe perseguono da sempre un modo di esprimere la bellezza che è antico e nel contempo nuovo, e che unisce i valori immaganti del colore-luce all’essenzialità squisita della forma.

Due anni fa ci lasciava Archimede Seguso, il grande Maestro vetraio che ha portato la produzione muranese al più alto grado di perfezione. Fu lui a sentire l'”aria di casa” che legava la sua fornace a Tiffany.

Ora il nipote Antonio è diventato il “deus ex machina” dell’atelier muranese. Per anni il nonno gli ha guidato la mano, gli ha forgiato la sensibilità; e la collaborazione con Tiffany e con i suoi designers è continuata.

Vasi e coppa della collezione “Riflessi e Intarsi” realizzati per Tiffany, 1990.

Le pagine che seguono danno conto di alcuni capitoli, storici e attuali, di una collaborazione che perdura.

C’è il capitolo sui giardini di vetro, prosecuzione di un raffinato discorso che risale al Rinascimento, simbolo di un’armonia nell’ambiente. C’è l’altro capitolo sulla rivisitazione dell’antico in chiave moderna, attuale, di “pensare moderno” rifacendosi al passato.

E il lettore troverà altri argomenti interessanti, come quello sull’interpretazione del disegno ergonomico, raffinato e semplice; oppure la puntualizzazione su una produzione tipicamente veneziana dedicata ai “Riflessi e Intarsi”: fluidità del color acqueo e sinuosa scioltezza dei più bei vetri soffiati.

Si scriveva, nel primo di questi “Quaderni di Archimede”, che la pubblicazione intendeva essere lo specchio di quella “cultura in movimento” che la Archimede Seguso perseguiva allora e che intende sempre più perseguire: quindi soprattutto un veicolo di “apertura sul piano di una produzione artistica impegnata”. Era il 1994.

Alcuni elementi di giardini realizzati in cristallo trasparente e colorato, 1960.

1997, “Gold Collection”, Elsa Peretti. La presa ergonomica caratterizza i tre bicchieri in cristallo oro di altezze differenti.

Ora questo impegno si va precisando sempre di più: fedeltà ai grandi valori della tradizione e, insieme, sguardo acuto verso la nuova cultura che si agita intorno a noi.

L’abbinamento con Tiffany diventa un motivo di orgoglio per la Archimede Seguso e i gffrjjfrr.« uno stimolo per il futuro.

L'”aria” di Tiffany e l'”aria” di Venezia si compenetrano in una tensione – sempre più sentita dalla nostra società – verso un’idea rasserenante di bellezza nel mondo inquieto in cui viviamo.

1990, Vaso della collezione “Riflessi e Intarsi” realizzati in collaborazione con Tiffany. Vaso ovoidale con bordo irregolare e “occhi” in cristallo verde trasparente.

1998, Archimede Seguso nel giardino della sua fabbrica a Murano.

 

ATTUALITÀ CULTURALE

 

GIARDINI DI VETRO

Fontane, colonne, siepi, anfiteatri, alberi, cespugli di bosso.

1960, da “Blue Book”. Trionfo da tavola rappresentante un giardino in cristallo trasparente con particolari in lattimo suddiviso in tre parti: anfiteatro, oasi centrale e foro.

Nell’antichità, il giardino era considerato un “hortus conclusus”. Un piccolo luogo di delizie intimistiche: quasi un Eden ritagliato per questa vita. Qui si rifugiavano le anime ricche e colte del tempo per godere d’un rapporto con la natura e per i propri personali ozi quotidiani. Poi, in epoca rinascimentale, la tipologia del giardino si adatto ai vari modi di cultura. Nacque il giardino all’italiana, per lo più sul digradare di una collina, con prospettive sempre mutevoli ottenute dai diversi dislivelli. Ne fu completamento il giardino alla francese, tutto giocato su forme geometriche perfettamente orchestrate dall’uomo attorno al nucleo centrale del castello. Si contrappose il giardino all’inglese, che invece si adattava alle conformazioni del luogo, quindi degli alberi e della vegetazione, oltre che delle rocce, con un’idea romantica della natura “selvaggia”. Altri tipi di giardino si innestarono nel tempo, come quello giapponese (in particolare Zen) che entrò nel gusto europeo più di quello islamico, dove prevaleva l’irrigazione dell’acqua in una atmosfera fiabesca. L’arte dei giardini ci mostra ancor’oggi meravigliosi esempi: come quelli famosi in Italia di Boboli a Firenze e a Tivoli fuori Roma, di Vaux-le-Vicompte in Francia, capolavoro di Andre Le Notre, senza contare i giardini inglesi, opera di architetti quali Kent, Lancelot “Capability” Brown e Repton. Oggi si va a Kyoto per restare incantati, in meditazione, di fronte agli Zen attorno al Padiglione d’Oro.

Firenze, Giardino di Boboli, particolare con siepi, aiuole e fontana centrale.

1960, da “Blue Book”. Particolare del giardino di vetro: quinte, palcoscenico e platea dell’anfiteatro.

Cinquant’anni fa, trait-d’union tra l’Art Director della Tiffany Van Day Truex e Archimede Seguso, è stato il marchese Giovanbattista Giorgini, ideatore delle sfilate di moda a Palazzo Pitti a Firenze. Dall’incontro di queste due grandi personalità non potevano che nascere creazioni speciali. Si tratta di una serie di prototipi e oggetti realizzati per il godimento degli autori e di pochi eletti al tempo stesso. Ecco che gli antichi trionfi da tavola settecenteschi, preparati per reali e nobili, divengono il pretesto per la creazione di nuovi autentici capolavori in vetro per tavole moderne altrettanto raffinate. Su quel progetto Archimede Seguso lavorò a fondo, creando piccoli pezzi vitrei componibili: fontane, colonne, statue, siepi, cespugli di bosso. II tutto veniva disposto sul tavolo, secondo un disegno prestabilito che privilegiava I’armonia di accordi formali, dei contrappunti, dei chiasmi, dei delicati incastri di forme.

Sopra, il tipico giardino all'italiana di Villa di Felceti a Pistoia, siepi, alberi e statue

1960, da “Blue Book”. Giardino formato da una siepe verde, alberi e fontana centrale

In uno di questi disegni l’elaborato e diviso in tre parti: un anfiteatro, un’oasi rilassante e un foro romano. Ogni singolo pezzo, dal palcoscenico alle quinte, alla platea, è in vetro realizzato a mano, molato, ed è piacevolissimo notare quei particolari piccoli difetti che consentono di apprezzare la lavorazione artistica artigianale.

Anche le piante e le statue dell’antico foro sono completamente eseguite in cristallo di Murano, a massello. Le tuniche che avvolgono i personaggi evidenziano una piacevole fluidità di panneggio e l’atteggiamento ricorda quello dei grandi condottieri romani; l’autore ci coinvolge in un’aria di classicità. Tutti i particolari opachi sono realizzati in lattimo: dai vasi alle raffinatissime anfore.

Un altro giardino è interamente circondato da una lunga siepe in vetro verde delimitata da alberi potati a cespuglio con la fontana al centro.  Un terzo, composto da forme geometriche e piramidi, echeggia la terra dei faraoni. Ed infine un trionfo da tavola con colonne in zanfirico il cui perimetro è chiuso da mura di cinta in alessandrite, è ornato da sfere e giare in lattimo, e ci ricorda l’agora.

1960, da “Blue Book”. Piramidi e forme geometriche caratterizzano questo trionfo da tavola.

I giardini vitrei in miniatura sono una scacchiera fantastica nella quale i commensali percorrono con lo sguardo i viali scoprendo spazi inediti, rivelati dalla rifrazione della luce e gli elementi decorativi si armonizzano in un tutt’uno: magia resa possibile dal vetro. Ci colleghiamo a tutta una linea estetica che passa soprattutto attraverso le creazioni del settecento veneziano. Il confronto è eccitante; due-tre secoli fa dominava un gusto tra il Barocco e il Rococò, quindi fatto di virtuosismi “capricciosi”, di eleganze manierate. Ora, con questi nuovi giardini, è il concetto classico che riappare: ordine, armonia, congruenza tra le parti, simmetria. Dalla nostalgia del passato al tuffo nel futuro dell’uomo.

II tempo passa: questi giardini non sfioriscono. L’occhio continuerà ad ammirarli, posandosi dolcemente sulla tavola imbandita, anche dei nostri sogni.

1960 da “BlueBook”. Giardino composto da colonne in zanfirico e mura di cinta in alessandrite.

 

SGUARDO AL PASSATO

II magico connubio Tiffany-Archimede: come visitare l’antico in chiave moderna.

Con Lyn Tissot Creazione-interpretazione. E’ questo il binomio su cui ruota la problematica dell’arte oggi. L’accento è posto sul secondo dei due termini. Tiffany, Charles Lyn Tissot ed il maestro vetrario veneziano rivisitarono gli stili del passato, realizzati straordinariamente. Ed è questo uno degli aspetti più interessanti – e culturalmente fascinosi – della produzione recente. La formazione artistica di Archimede Seguso ha certamente avuto come modelli anche i vetri che appaiono nei dipinti di Tiziano, Veronese e Tintoretto, grandi artisti di origine veneta. Queste nuove opere così elaborate contengono le linee pure dei vetri del Cinquecento come quelle, ad esempio, della “Cena in casa Levi”.

Candeliere e alzata in “stile Veronese”, 1955. H. cm. 23, d. cm. 25; cm. 24.

Vasi tondeggianti in cristallo trasparente “stile Veronese”, 1983. H. cm. 31; h. cm. 23.

Nacquero appunto, allora, vasi, candelabri, alzate in “stile Veronese”, il cui stelo elegante è congiunto al piede tramite globi vitrei di varia misura. Sono forme rinascimentali completate dalla purezza razionalista del Novecento. Quegli oggetti, oggi, sono diventati di culto collezionistico raffinato.

Lo stesso si può dire, ad esempio, dei secchielli di vetro per il ghiaccio, che sono una rivisitazione di quelli in vetro “a ghiaccio” della seconda metà del Cinquecento.

La forma è semplice, priva di eccessive lavorazioni; la novità consiste nell’aggiunta di sottili fascette di vetro poste orizzontalmente alla base e all’apertura del secchiello stesso. Ancora una volta il modello antico viene “interpretato”, senza forzare la bellezza dell’archetipo. Dalla vetraria antica provengono una serie di deliziosi candelieri a forma di alberelli con cestini.

Secchielli da ghiaccio a coste, stile barocco, in vetro trasparente, 1961. H. cm. 15,5, d. cm. 19,5; h.cm. 14, d. cm. 18.

Gruppo di candelieri di fogge e altezze diverse “stile ‘Veronese”, anni 1954, ’55, ’85.

Vasetti-candelieri stile Art Nouveau in verde bosco e rubino spruzzato d’oro, a coste diritte e ritorte, 1997. H. cm. 26; h. cm. 17.

Il modello originale del Sei-Settecento è esposto nel Museo Vetrario di Murano. La forma è barocca ed elaborata, accentuata dai cestini appesi come un’allusività fitomorfica.

L’alberello di Archimede/Tiffany, da un punto di vista formale, è semplificato ed ha maggiore purezza di linee.

Con Louis Comfort Tiffany Altri esempi sono alcuni vasetti-candelieri di stile Liberty: nei colori rubino e verde bosco, spruzzati d’oro; essi ricordano le tonalità di certe vetrate mosaico ideate da Louis Comfort Tiffany. Le forme allungate sono steli di fiori Art Nouveau, leggeri ed essenziali.

Iridescenti In altro modo è avvenuto nel secolo scorso. Intorno agli anni Trenta-Quaranta, quando si consolidò lo “stile Novecento” con le sue forme massicce, osannanti l’apologia dell’Impero romano, già era stato notato come il giovanissimo Archimede realizzasse pesanti sculture in vetro pieno, a massello, iridescenti, che richiamavano la statuaria in voga a quel tempo (ad esempio le opere di Arturo Martini).

Ora ecco che, nella produzione degli anni Ottanta, si rivisita il gusto degli anni Trenta, con delicate boccettine da profumo nei toni dell’iridescente. Siamo al raffinato recupero di un’oggettistica tondeggiante, piacevole al tatto, con carattere. Ricordiamo questi flaconcini ornare i boudoirs, nelle scene dei film in bianco e nero, con le grandi dive che segnarono il periodo dei telefoni bianchi.

Figura del pugile Camera in vetro trasparente iridescente lavorato a massello, 1934. H. cm. 41.

Vaso, coppa e candeliere a coste ritorte di colore chiaro e lucentezza iridescente, 1998, (rivisitazione dello stile anni Trenta).

Al centro, Vaso in cristallo trasparente “stile Veronese”, 1983.

Flacone da profumo in vetro di colore chiaro e lucentezza iridescente, 1998, (rivisitazione dello stile anni Trenta). H. cm. 28.

Carnevale L’anno è il 1987. Nascono i “Vetri Carnevale” che sono l’interpretazione dionisiaca del concetto stesso del Carnevale veneziano: la maschera come segno dell’ambiguità, il colore come forza irruente dell’istinto. Le forme sembrano libere, liberissime, ma sono controllate, studiate matematicamente con quei cangiantismi dal giallo al rosso rubino e al blu, equilibrati e pesati dalla invisibile bilancia del buon gusto. Tutto diventa informe, liquido, dissolto nella luce.

C’è il desiderio dell’effimero, così ben connaturato con la festa. La bellezza di queste opere è resa mutevole e nuova, godibile in visioni diverse con una semplice rotazione dei vetri, in una composizione di due opere.

Vasi “Carnevale” di colore rubino e cobalto con “occhi” cristallo e nastro ellittico in vetro verde profilato ametista, 1989. H. cm. 24,30.

Vasi “Carnevale” in vetro blu cobalto, verde e rubino con “occhi” cristallo, 1989. H. cm. 32 e h. cm. 23.

Il carnevale, il divertimento si attuano con la ricerca del posizionamento dei colori oltre che delle forme, fino a superare nevrosi e liberare l’anima al bisogno di fuga.

Oggi Tutto ciò conferma quanto Archimede sia stato un “innovatore, pur nella continuità”.

Egli ha posseduto le qualità essenziali di chi interpreta, in profondità, dall’interno del suo tempo, anche le forme archetipe del passato.

Secchiello da ghiaccio “Carnevale” in blu cobalto e rosso rubino con anelli laterali, 1989, (rivisitazione del modello eseguito nel 1967 in cristallo). H. cm. 20, d. cm. 26.

Boccette da profumo “Carnevale” con colori cangianti dal rubino, al blu, al giallo; rotonde o a coste, 1987. H. cm. 12 e h. cm. 13,5.

Boccette da profumo “Carnevale”, decorate da fasce longitudinali in vetro rubino, verde e blu separate da fili ametista, 1989. H.cm. YJ.h.cm. 18,21.

Da otto anni Antonio Seguso sta continuando sulla strada tracciata dal nonno, sempre nella feconda collaborazione con Tiffany, questa linea estetica e culturale. Il suo compito è di grande responsabilità e soddisfazione. Il cambio generazionale porta inevitabilmente a cambiamenti ma, in questa circostanza, rimane categorica la volontà di mantenere, quale bene intoccabile, inalienabile, la tradizione familiare e quanto si è perpetuato di una antica esperienza di sei-settecento anni di lavoro di una stirpe di vetrai. Le innovazioni, come le creazioni artistiche, devono essere soppesate e devono corrispondere a determinate regole perchè vanno collocate in un contesto in cui sono chiari e visibili i tratti estetici segusiani ormai noti al mondo.

Vaso “Carnevale”, 1998, interpretazione del tradizionale vaso “a fazzoletto” del 1952 e Vaso ovoidale, “Carnevale” solare, 1998. H. cm. 30,28; h. cm. 30,28.

Quando l’opera è riconosciuta, indipendentemente dalla lettura della firma, ed è imitata, significa che comincia ad essere universale e che entra nei canoni della concezione aristotelica dell’arte.

La nuova produzione di Antonio Seguso: coppia di vasi arancio opaco e nero con decorazioni a filamenti e motivi bianchi e rossi, 2001. H. cm. 25,5 e h. cm.14.

 

PROPOSTE D’ OGGI

 

ELEGANZA ED ERGONOMIA

Un semplice bicchiere può riflettere insieme funzionalità ed eleganza: è il risultato felice di un disegno ergonomico.

1997, “Gold Collection, Elsa Peretti. Piatto in cristallo oro di forma ergonomica.

Caraffa, piatto porta dolci e coppa ergonomici, 1980. Design Elsa Peretti, realizzazione Archimede Seguso in esclusiva per Tiffany & Co. H. cm. 30, d. cm. 28; d. cm. 28.

Gustare un ottimo vino in un bel supporto è essenziale. Bere da un kylix o da un rhyton, per gli antichi Greci, era come adempiere ad un rito. L’eleganza del bicchiere non era fine a sè stessa: doveva adattarsi alla mano, al gesto, al porgere e al piacere del degustare. Oggi il disegno ergonomico è alla base di un arredo ‘importante’ della tavola. Lo ha ben capito Elsa Peretti quando ha progettato con Archimede Seguso prima e con il nipote Antonio poi una serie stupenda di oggetti e di suppellettili per la casa.

“Gold Collection”, Elsa Peretti, 1997. In alto, Scatole a forma di mela. H.cm. 12, h. 17,h.24.

“Gold Collection”, Elsa Peretti, 1997. Gruppo di tre vasi a campanella confondo rientrante in vetro cristallo oro. H. cm. 21, h. cm. 30, h. 36 cm..

“Gold Collection”, Elsa Peretti, 1997. Portacandela, piatto porta dolci e vaso a boccia con piedistallo a forma di osso. H. cm. 7, d. cm. 28 e h. cm. 28.

Oggetto che contraddistingue e sottolinea I’eleganza della collezione “Oro”:   Caraffa con presa ergonomica, linea leggermente schiacciata lateralmente e profilo arcuato;

“Gold Collection” Elsa Peretti, 1997. Bicchiere singolo in cristallo oro e disegno ergonomico..

“Gold Collection”, Elsa Peretti, 1997. In alto, serie di quattro coppe in cristallo oro di forma ergonomica.

“Gold Collection” Elsa Peretti, 1997. Portacandele “Hurricane”.

“Gold Collection”, Elsa Peretti, 1997. Piatto dalla forma lineare in cristallo oro. D. cm. 40.

“Gold Collection” Elsa Peretti, 1997. La coppa leggermente schiacciata ai lati consente una presa agevole. H. cm. 25.

Chi si è trovato in mano uno degli oggetti in vetro forgiati nella vetreria Archimede Seguso ha avuto l’impressione di una straordinaria interazione del tatto con il materiale.

“Gold Collection” Elsa Peretti, 1997. Vasetto di forma allungata in cristallo oro. H. cm. 20.

La forma ergonomica permette una presa agevole ed un utilizzo efficace. Due millenni orsono, dalle fornaci di Siria e Palestina uscirono manufatti simili: semplici cilindri a foggia leggermente schiacciata, con un incavo fatto apposta per la presa. Erano vetri soffiati d’un color verde chiaro. Oggi, con una concezione simile, viene proposta una linea per la tavola che è, al contempo, antica e nuova, raffinata e comoda.

Nel Cinque e Seicento l’arredo di una tavola regale era costituito da suppellettili d’oro. Poi nelle case dei nobili fu di moda l’argento. Piatti, posate e boccali dovevano mostrare una fastosa ricchezza. Oggi la cultura più autenticamente aristocratica tende sempre più ad abbinare ricchezza e semplicità, come il “thumbprint dish” di Elsa Peretti completato dal cristallo e oro di Antonio Seguso. La caraffa “piatta” e uno degli oggetti perfetti usciti dall’arte vetraria con piatti e sottopiatti, insalatiere dal bordo ondulato, vasi o l’altrettanto famosa Stella marina dorata, che da un tocco di originalità e di classe alla tavola imbandita.

Attirati dalla luce dorata, riflessa dagli oggetti posti con cura sulla tavola, una cascata di pagliuzze ci riporta ad un passato favoloso. Ci si rende conto che tutta questa scenografia risponde ad una esigenza funzionale: I’eleganza si abbina alla comodità, alla maneggevolezza, all’ergonomia.

Naturalmente è il gusto, autentico profumo della cultura, che domina.

“Gold Collection” Lisa Peretti, 1997. Un oggetto molto amato da Lisa Peretti: la Stella marina in cristallo oro. H. cm. 23,5.

“Gold Collection” Elsa Peretti, 1997. Particolare del sottopiatto in cristallo oro.

 

ED E GIA’ STORIA

“Riflessi e Intarsi”: uno squisito giuoco di forme e colori creato per Tiffany dal genio di Archimede.

Collezione “Riflessi e Intarsi”, 1990. Vasi e coppa dai bordi irregolari color verde ed intarsi in lattimo. H. cm. 41; h. cm. 14; d. cm. 29.

L’impressione prima è quella di uno straordinario connubio tra l’antica sapienza dell’artista e la natura. Anzi, c’è quasi, nella serie dei “Riflessi e Intarsi” eseguita nel 1990, il senso stesso dell’acqua che richiama l’origine veneziana con quegli azzurri che sfumano nei verdi, con le filigrane che paiono muoversi come sottili onde, con le continue trasparenze che rendono immateriali i vasi e le coppe.

Archimede Seguso si è sempre espresso con il vetro, fin dai primi anni del Novecento, quasi per predestinazione, per necessità interiore. Il vetro lui l’ha sempre avuto nel sangue.

Collezione “Riflessi e Intarsi”, 1990. Vasi con intarsi in vetro lattimo ed interruzioni blu cobalto. H. cm. 33, h. cm. 24.

Collezione “Riflessi e Intarsi”, 1990. Piatto realizzato in collaborazione con Tiffany, di colore blu cobalto. H. cm. 10, d. cm. 42.

Già da bambino lo immaginiamo in un cantuccio della fornace ad osservare il padre al lavoro sul suo scagno. La luce rossa del fuoco gli accendeva il viso curioso e attento. Poi, quando si mise egli stesso allo scagno, anche per diciotto ore al giorno, la sua fantasia si impossessò del materiale liquido e incandescente che luccicava sotto i suoi occhi. Studiava, sperimentava, provava, riprovava: divenne un inventore di tecniche nuove, fino al virtuosismo più squisito. Nacquero allora le sue paste vitree, le murrine, le canne, gli zanfirici, le filigrane; poi i merletti, le piume, le composizioni in lattimo, le losanghe. Via via il vetro si smaterializzava, si sfaldava nell’ aria.

Collezione “Riflessi e Intarsi”, 1990, realizzata in collaborazione con Tiffany. Vasi con fasce irregolari color verde ed intarsi in lattimo. H. cm. 38, h. cm. 26, h. cm. 27.

“Riflessi e Intarsi”, 1990. Vasi realizzati in collaborazione con Tiffany, con decorazioni blu cobalto. H. cm. 32, h. cm. 28; h. cm.  33

I “Riflessi e Intarsi”, nati quando il maestro aveva la veneranda età di ottant’anni, sono tra gli oggetti più belli creati dalla vetraria muranese. Sono vasi-sculture ben distinguibili nelle trame, in cui, alla semplicità delle forme, si aggiunge un gusto strepitoso del colore, ben dosato, con pennellate che accentuano: i movimenti del vetro soffiato e leggerissimo. I bordi ondulati, fatti di trasparenze tenui e delicate, completano il vaso insieme ad “occhi” che ci permettono di “entrare” nell’oggetto attraverso spazi colorati. Ormai sono rarissimi da reperire sul mercato perchè realizzati in soli sette esemplari accuratamente numerati e firmati.

E non solo, si può aggiungere che sono unici in quanto sono stati eseguiti singolarmente e ciascuno di essi presenta piccole variazioni di manifattura.

“Riflessi e Intarsi”, 1990. Vaso e coppa realizzati in collaborazione con Tiffany, decorati in blu cobalto con “occhi” di colore verde. H. cm. 35; h. cm. 32.

 

1989 A NEW YORK

Quei candelieri giganti simbolo di una compenetrazione tra storia e attualità.

Archimede Seguso tra sua moglie e Liz Franceschini all’inaugurazione della sua mostra personale da Tiffany a Fifth Avenue a New York, 1989.

Molti, e sempre fecondi, sono stati i momenti della collaborazione tra Tiffany e Archimede Seguso, ma ora desideriamo ricordare un particolare evento: la cena organizzata in Fifth Avenue a New York per festeggiare l’ottantunesimo compleanno di Archimede Seguso, il 25 aprile 1989. Con le preziosissime vetrine di gioielli, ed i tavoli finemente preparati, l’atmosfera della festa era illuminata dalla luce dei candelieri giganti ideati da John Loring dieci anni prima, ed eseguiti da Archimede stesso. Questi candelieri sono diventati, nell’occasione, il simbolo del rapporto tra la celebre casa newyorkese e la gloriosa vetreria muranese. Alti, solenni, financo maestosi, ma nel contempo eleganti nella loro struttura neoclassica, i candelieri sono apparsi a tutti come l’incontro tra il raffinato disegno della Tiffany e la sapiente esecuzione di Archimede. L’antico è diventato moderno; e viceversa.

Archimede Seguso tra il nipote Antonio e il fratello Angelo brinda in fornace al suo 88° compleanno. 17 dicembre 1997.

In realtà, Archimede compiva gli anni il 17 dicembre, ma si volle far coincidere questa celebrazione con quella della antica Repubblica Serenissima di Venezia. Partecipò anche il Sindaco ed ottenemmo l’alto patrocinio di Save Venice in quanto i tesori dell’umanità da preservare sono, oltre che i monumenti e l’ambiente, anche gli uomini, i maestri del lavoro nelle loro botteghe d’arte artigiana.

Per tale motivo è stata organizzata anche una retrospettiva di cinquanta opere della produzione del Maestro, che abbraccia un arco di tempo di quarant’anni di successi.

Essere moderni significa avere consapevolezza di un grande bagaglio storico di cui dobbiamo servirci come stimolo per ogni creazione. Una delle caratteristiche fondamentali di entrambi – Tiffany e Archimede – è stata infatti, ed è tuttora, la compenetrazione della storia nell’attualità. Una stretta di mano tra Archimede Seguso e John Loring ha contrassegnato la sontuosa cena, rinnovando i progetti di una collaborazione che ora, scomparso Archimede, vede come protagonista il nipote Antonio.

La storia, appunto, continua.

New York, 25 aprile 1989, festa di San Marco. Archimede Seguso con Elsa Peretti durante la cena organizzata per il suo ottantunesimo compleanno.

Archimede e Gino Seguso con John Loring e Liz Franceschini nella fornace a Murano in una recente visita nel 1994.

Insieme di candelieri disegnati da John Loring e realizzati da Archimede Seguso.