QUADERNO 9

La squadra di tiro a segno del poligono di tiro di Murano, 1929-1930.
II terzo da destra, in piedi, è Archimede Seguso negli anni in cui inventò il “bullicante”.   Archimede Seguso qualche anno dopo divenne campione italiano di tiro a segno.
A titolo di documento segnaliamo le persone riconosciute nella foto: da destra, in piedi, Sante Viviani, guardiano e armiere; Romano Tosi; Archimede Seguso; Norberto Moretti; Sig. Tis; Mario Santini, Maresciallo di Murano; Napoleone Barovier; Ferruccio Zanetti; Sig. Gasparotti; Sig. Perale; Umberto Cenedese; Silvio BarbiniII; seduti, Stefano Cattelan; Annibale Zanetti.

 

PRESENTAZIONE

 

PAROLE DI VERO VETRO

A Murano si parla “in vetro”. E’ una lingua nobile: tanto nobile che in secoli lontani il Doge e il Consiglio dei Dieci decretarono che i maestri vetrai, “paronide’ fornasa”, fossero nobil uomini e potessero quindi fregiarsi dell’arme gentilizia del loro casato. Ma oggi? La nobiltà è in decadenza. Anche la lingua purissima del vetro muranese s’è imbastardita: ha assunto cadenze barbare e volgari, non di rado blasfeme, basta una parola storpiata, una goffaggine, uno scimmiettamento grottesco, un balbettio penoso ed ecco che la qualità storica del gran vetro veneziano decade. Succede continuamente: basta guardarsi attorno. Mai come oggi cattivo gusto e buon gusto si scontrano, cultura e anticultura si affrontano. II nostro tempo ci porta davanti a tante contraddizioni. Siamo noi a dover scegliere secondo la nostra sensibilità, la nostra formazione culturale, il nostro senso di responsabilità, la nostra coscienza. II vetro pare ancor più fragile: fragile al punto di essere vilipeso, massacrato, umiliato. Quanti delitti si compiono anche nelle fornaci che pur discendono dai nobili patriziati della Serenissima? Per fortuna c’è ancora chi segue l’ideale puro della bellezza, al di là e al di sopra delle volgarità mercantili.

Questi “Quaderni di Archimede” inseguono un ideale di “cultura in movimento”, attraverso la quale il vetro si rinnova nel segno della tradizione. II saggio di uno storico del vetro come Rosa Barovier Mentasti, che siamo lieti di pubblicare, illustra dal punto di vista tecnico e stilistico la qualità dei “bullicanti” di Archimede Seguso. La storia del vetro entra a buon diritto nella storia dell’arte. La migliore produzione di ieri può continuare, in nuove forme, anche oggi. E’ il caso dei vetri Verde Serenella 18, che il maestro ottantaseienne ci propone in questi ultimi mesi. Miracolo del vetro, miracolo dell’arte che continua. Continua, malgrado tutto.

 

SGUARDO AL PASSATO

1937, Vaso a botticella in vetro bianco pulegoso decorato con macchie rubino irregolari e soffiate. H. cm. 19.

1948, Vaso in vetro bullicante cristallo profuso d’oro, decorato da un motivo fogliare applicato. H. cm. 32.

1948, Vaso in vetro verde bullicante, decorato da un motivo fogliare applicato. H. cm. 32.

 

I BULLICANTI

Archimede Seguso intervenne nello spessore del vetro con il “sommerso” usando anche una tecnica di sua invenzione: il “bullicante”.

1948, fiorentina con campana in vetro cristallo bullicante e 3 portalampada a corolla alternate a foglie in cristallo oro. H. cm. 80×35.

Il prestigio e la qualità del vetro di  Murano sono in gran parte determinati dalla fedeltà dei vetrai e degli artisti muranesi alla impostazione tecnica ed estetica data alla loro arte in epoca rinascimentale ed, ancor prima, nel Medioevo. Questa fedeltà ha significato nei secoli raffinatezza delle tecniche manuali e di conseguenza rifiuto di processi seriali meccanizzati, alto livello progettuale e ininterrotto adeguamento delle proposte alle esigenze di un mercato elitario. La fedeltà alla tradizione non ha però smorzato la vena creativa dei vetrai muranesi nè li ha condizionati alla mera ripetizione di schemi antichi.

La vitalità nella tradizione è tanto più evidente nel nostro secolo, un secolo caratterizzato da innovazioni stilistiche ininterrotte e subitanee, in quanto i migliori tra gli artisti del vetro, Archimede Seguso in primo luogo, hanno saputo interpretare e talvolta anticipare le tendenze del momento. L’aggiornamento operato dai maestri del vetro non si è limitato al solo aspetto progettuale ma è giunto a modificare le tecniche stesse della modellazione del vetro. Archimede Seguso si è fatto conoscere come personalità vetraria di primo piano nei primi anni Trenta, quando, poco più che ventenne, ha assunto il ruolo di maestro di prima piazza nella vetreria Seguso. Era l’inizio di un decennio che avrebbe sconvolto il mondo vetrario muranese molto più profondamente di quanto l’avevano modernizzato l’Art Nouveau ed il periodo Deco.

Lo stile Novecento esigeva in pittura e scultura, come nelle arti decorative, l’esaltazione dei valori plastici, che sembravano difficilmente compatibili con la tradizione muranese del vetro soffiato. Nel primo periodo del Novecento vetrario, dal 1928 al 1934, designer e vetrai ricorsero al vetro opaco o semiopaco per ovviare all’effetto di aerea inconsistenza, pregio e difetto del vetro veneziano. Non era però possibile rinunciare alla trasparenza, qualità intrinseca del vetro. Si ricorse quindi al vetro massiccio o di grosso spessore, che garantiva un effetto plastico senza compromettere la trasparenza. Le prime realizzazioni sperimentali di figure animali e massicce risalgono agli ultimi anni Venti ed ai primi anni Trenta.

1950, Candelabra da parete a coste ritorte cristallo oro con rare bollicine sommerse. H. cm. 32.

Si operò nelle fornaci muranesi una vera rivoluzione tecnica, strettamente connessa con l’impostazione estetica, che vide Archimede Seguso giocare un ruolo di primo piano. Grazie alla sua sensibilità plastica ed alla sua abilità nel modellare figure animali ed umane dalle forme morbide e naturalmente atteggiate egli può essere di diritto annoverato tra gli scultori novecentisti. Dovette comunque inventarsi un modo del tutto nuovo di lavorare il vetro, poichè la modellazione a caldo del vetro di grosso spessore dei vasi e massiccio delle figure costituiva l’antitesi della tradizione muranese e di ciò che egli aveva appreso nel corso del suo apprendistato negli anni Venti.

1938, Papere e ceneriere in vetro bullicante a più strati di colore verde sfumato con oro. L. cm. 25.

1952, Pappagallo in vetro cristallo con oro sfumato ambra su base sferica verde sfumato oro; fagiano in vetro rosso con oro su base semisferica a coste in vetro trasparente con oro. Cm. 21; cm. 32 x 50.

1952, Pesci a massello in vetro avorio profuso d’oro, decorati da bolle regolarmente distribuite, fotografati insieme ad una coppetta avorio con oro. Cm. 27.

Presto, dal 1934 circa, i muranesi scoprirono una nuova dimensione dell’opera vetraria, la dimensione interna, poichè l’interno della massa vitrea venne mosso e arricchito da giochi decorativi, variazioni cromatiche e luminose che, anch’esse erano una novità per il vetro di Murano. Ecco che Archimede Seguso intervenne nello spessore del vetro con il “sommerso”, a strati di differente tonalità, con zone “pulegose”, a inclusioni di foglia d’oro mentre la superficie venne impreziosita con l’iridazione e con la corrosione ad acido, talvolta combinate nello stesso oggetto. Usò anche una tecnica di sua invenzione, il “bullicante” che, applicata ad oggetti decorativi ed a vetri da illuminazione, aveva la funzione di muovere e creare effetti luminosi in consistenti masse vitree, modellate nelle severe forme del Novecento.

L’effetto “bullicante” consisteva in strati sovrapposti di fitte e minutissime bolle d’aria, disposte a scacchiera irregolare all’interno della massa. La sovrapposizione degli strati di bollicine, oltre a conferire profondità all’effetto decorativo, movimentava il motivo puntinato, cui si evitava l’eccesso di regolarità.

Come per altre tecniche muranesi, l’osservatore ignaro di tecnologia rimane, e rimase all’epoca, interdetto di fronte all’apparente impossibilità di disporre con ritmo regolare innumerevoli bolle d’aria all’interno di una massa vitrea incandescente. Lo stesso stupore suscitano i sottili intrecci della filigrana e dello zanfirico, ancora maggiore meraviglia desta la complessità dei Merletti, realizzati dallo stesso Archimede Seguso negli anni Cinquanta. Eppure la spiegazione fatta dal maestro non solo chiarifica la logicità del processo lavorativo ma evidenzia l’approccio sperimentale del maestro ideale: il vetro non va forzato ma va assecondato, così da strutturarne al meglio i caratteri distintivi, la reazione al calore ed al raffreddamento, la variabile d’uttilità agli interventi manuali ed ai mille interventi e trucchi, che costituiscono il patrimonio tecnologico del vetraio.

1953, Vasi in vetro leggermenle costolato cristallo profuso d’oro, decorati internamente da un motivo bullicante.  H. cm. 37.

1958, Frutta in vetro cristallo massiccio e bullicante. Cm. 13 x 14; cm. 17 x 12.

Adattando uno stampo che usava per i vetri da illuminazione, Archimede Seguso creava, grazie a sottili punte metalliche, delle minute depressioni sulla superficie esterna del vetro incandescente, attaccato alla canna. Immergeva quindi nel crogiolo il pezzo in lavorazione, così da ricoprirlo con un ulteriore strato vitreo trasparente. Durante l’operazione, in corrispondenza di ciascuna depressione, rimaneva imprigionata una minuscola bolla d’aria. Erano quindi le punte metalliche a determinare la regolarità nella disposizione delle bolle. Ripeteva l’operazione più volte, anche sei, creando quindi dei “bullicanti” a sei strati sovrapposti di bollicine, la cui suggestione poteva essere accentuata dall’uso, per gli strati più interni, di vetro colorato, e dall’inclusione, in uno strato, di foglia d’oro.

1955, Vasi ed anfora in vetro opalino giallo, rosa e verdino profusi d’oro, decorati internamente da un motivo bullicante.
H. cm. 18; h. cm. 32; h. cm. 22.

I “bullicanti” vennero presentati dalla vetreria Seguso alla Biennale di Venezia del 1936: una serie di vasi “grigio oro”, di grosso spessore, di purissima forma ovale e a torchon, la scultura “Pomona” ed un “canestro sommerso con anguilla, polipo e orata”. Un vaso sferoidale dalla raffinatissima colorazione grigio-violacea a strati bullicanti e a foglia d’oro, e conservato nella Collezione della Cassa di Risparmio di Venezia, che lo acquistò appunto alla Biennale del 1936. Pomona ed il canestro di pesci sono noti da foto d’epoca. La figura femminile in brillante vetro verde e cristallo, con strati di decoro bullicante e foglia d’oro è conforme ai criteri della plastica statuaria novecentista. Ciò, comunque, che oggi farebbe la gioia del collezionista più raffinato è il canestro in vetro verde sommerso dalla superficie fortemente iridata ripieno di fluidi pesci, frutto della finezza manuale di Archimede Seguso. Forse il canestro rappresenta un archetipo della tecnica “bullicante” per le sue bolle più distanziate e di maggiori dimensioni. La sua attuale ubicazione è ignota.

1970, Sfera in vetro cristallo con incluse tre bolle irregolari. Diametro cm. 18.

Dopo questa investitura ufficiale, il “bullicante” venne regolarmente adottato dal maestro Seguso per vasi e coppe, figure animali e umane e vetri da illuminazione. Per i vetri da illuminazione la vetreria Seguso proponeva soluzioni d’avanguardia di stile moderno poichè, accanto ai lampadari di impostazione più classica, produceva composizioni a soffitto o da parete, vere quinte in vetro di grosso spessore mosso col bullicante o con altri decori.

Certo i modelli che oggi appaiono maggiormente in sintonia con il vetro “bullicante” sono le coppe in vetro verde dalla superficie morbidamente increspata ed i pesci, alcuni di eccezionali dimensioni, dalle forme fluide, come solo Archimede Seguso le sa modellare, e dalla arguta stilizzazione. E’ una armonia tra materia e forma, dovuta alle vaghe suggestioni acquee che il “bullicante” suscita, che giustifica l’apprezzamento incondizionato di cui queste opere godono ed hanno goduto al loro esordio.

1972, vasetti e coppetta in vetro bullicante cristallo profuso d’oro. H. cm. 21; diametro cm. 21; h. cm. 14; h. cm. 15.

 

ATTUALITÀ CULTURALE

1996, Vasi con base percorsi da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. H. cm. 20; h. cm. 26; h. cm. 13,5.

 

VERDE FRESCA MELODIA

Tra i fumi, il calore avvampante e la luce che a tratti si fa accecante, nasce qualcosa.

Può uscire una musica dal frusciante rumore di fondo di una fornace in cui il fuoco arde a 1350 gradi centigradi? Archimede ha 86 anni ed è affetto da una certa sordità. Ma si sa: chi ci ode poco riesce – dicono – ad “immaginare” di più la musica, come faceva Beethoven. Ecco il nipote Antonio, 28 anni, accennare un motivo al nonno durante una pausa del lavoro in fornace. Lui disegna con le mani una forma nell’aria: sta pensando ad un vaso, ma pare che diriga un’orchestra. Tra i fumi, il calore avvampante e la luce che a tratti si fa accecante nasce qualcosa: una sinfonia, un vetro, una musica, un vaso… I due, nonno e nipote, si mettono a ridere, tutti sudati come sono. Si capiscono solo a segni; ma qualcosa intanto nasce e cresce. La fornace, pauroso antro di Vulcano, inghiotte e trasforma. II mare rosso ringhia dentro la bocca del forno mentre calma, morbida e carezzevole la fiamma aiuta il maestro nella nuova creazione, il vaso all’improvviso diventa una musica.

Vasi e coppa con sezione circolare percorsi da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. H cm. 33; h cm. 28; diametro cm. 21.

Vasi con sezione circolare e coppa con bordo quadrangolare, decorati da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. H. cm. 11; h. cm. 23; h. cm. 21.

Poi, proprio il giorno di Natale, giorno di riposo, nonno e nipote, accendono il giradischi. Ma sì: quel motivo che avevano ascoltato dal forno ringhiante era l’allegro vivace della Quarta di Beethoven: non una musica famosa (Schumann ha definito questa sinfonia “una svelta ragazza greca tra due giganti nordici”) ma certo un motivo brillantemente ritmico e sciolto, in cui clarinetti e flauti giocano la loro parte con grande finezza. “Toh, era proprio quella!”, si dicono quasi all’unisono nonno e nipote. I loro volti diventano raggianti. Ritorna davanti ai loro occhi quel vaso verde a costoni, con quel tono lievemente cangiante che trapassa nelle mille screziature iridescenti. II vaso e lì: rimanda una duplice sensazione, che è di ritmica classicità e di naturale freschezza.

1970, sfera in vetro cristallo con incluse tre bolle irregolari. Diametro cm. 18.

Forse il segreto è proprio questo: al di là della straordinaria (e veramente unica) esperienza tecnica di Archimede, il vaso Verde Serenella 18 – una delle creazioni di questa serie ormai ammiratissima – è anzitutto un vaso classico. Armonia, eleganza, congruenza delle parti, perfezione geometrica: gli elementi della classicità ci sono tutti. Giusta quindi la comparazione, totalmente casuale, tra quel vetro e la Quarta di Beethoven, che segna forse il focus di quella classicità che è stata chiamata Viennese: incontro tra antico e moderno, tra sensibilità greca e lieve fremito asburgico. C’è una sorta di calma, di distensione, di abbandono a pensieri eterni, sublimi: la percezione di qualcosa che concilia intelletto e senso, pulsione dell’istinto e eccitazione intellettuale. Luca Pacioli, nel Rinascimento, teorizzò questo matrimonio tra arte e matematica, sulla scia delle grandi linee pitagoriche. Oggi è difficile ritrasmettere quel momento magico: il nostro tempo è troppo nevrotico e dissociato, ansioso e perennemente nomade. Possiamo ritrovare in noi, cioè nel prodotto del nostro pensiero inquieto un approdo simile alla Quarta di Beethoven? O, non un capolavoro assoluto: ma una linea culturale e sentimentale che ci permetta di distendere armoniosamente i nostri arti scombinati?

1996. Vasi e coppa con bordo rientrante, decorati da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18.
H. cm. 25; h. cm. 30; h. cm. 9,5.

Vaso rotondo, vaso con base e coppa con bordo rovesciato, percorsi da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. H. cm. 14; h. cm. 28; h. cm. 14,5.

II vaso Verde Serenella 18 è ancora qui, davanti agli occhi di Archimede e Antonio. Da esso emana una sensazione di freschezza sorgiva, di bosco imperlato, di acqua che scorre purissima. Quel verde ha un che di attraente, di misterioso: riporta nonno e nipote alle fiabe infantili, a un mondo riscoperto con la meraviglia dei bambini. Lo sguardo trapassa nel vetro, s’infiltra fra i costoni, si espande nella liquidità del colore fino a farsi quasi abbagliare dalle iridescenze sfuggenti. Tutto appare avvolto d’una perfezione che è naturale e, insieme, classica. Nell’onda dell’emozione ritorna l’allegro vivace della Quarta Sinfonia. La musica si accompagna alla vista: s’immedesima nelle trasparenze vegetali d’una stagione dello spirito.

1996. Coppa semisferica e vaso rotondo con collo cilindrico, decorati da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. Diametro cm. 28, h. cm. 32.

Vasi percorsi da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. H. cm. 16,5; h. cm. 20; h. cm. 12.

1996, vaso Verde Serenella 18. H cm. 20.

Potrebbe essere stato l’incanto di un Natale passato in casa, al di fuori delle vampe rossastre della fornace, lontano dalla bocca divorante del forno. Potrebbe. Ma poi il miracolo si ripete. Arriva qualcuno e l’ammirazione coglie tutti; a 86 anni il grande nonno Archimede ha creato un’altra serie di capolavori. Ha virato la sua fantasia sul verde di bosco, trapuntato di liquidi cangiantismi; ha scelto la struttura formale di una classicità che dalla geometria si porta al senso dell’assoluto ideale; ha impresso in quei vasi una musicalità così naturalmente cadenzata, così spontaneamente viva… Ma sì, sono solo dei vasi. Eppure sembrano racchiudere la conclusa semplice bellezza di un sonetto del Petrarca: “Chiare fresche dolci acque”…. Anche oggi si possono creare oggetti che tendano ad una perfezione che nasce dalla vera comprensione delle leggi naturali. Niente di straordinario, niente di eccezionale: un Grande Vecchio che, nella sua saggezza di eterno fanciullo, s’è avvicinato al mistero della vita. Nonno e nipote si stringono la mano. II giovane esclama: “Bravo nonno!”. Lui, il nonno, le parole non le percepisce chiaramente: porta la mano all’orecchio menomato. Ma ha capito lo stesso. II sorriso felice segna la nascita di un vaso: l’ultimo, forse il più bello. E’ posato sulla tovaglia ricamata. Si chiama Verde Serenella 18, ma potrebbe anche chiamarsi “Allegro vivace”, come intendeva, appunto, il sordo Ludwig van Beethoven.

 

PROPOSTE D’OGGI

 

L’OVVIA SORPRESA

Ogni Pasqua porge il suo uovo, secondo la tradizione. Anche Archimede, dal 1982, porge ai suoi amici un uovo. E’ diventato ormai un augurio e il collezionista che lo riceve lo ripone nelle vetrinette dei suoi sogni, lo fa suo. Quest’anno l’uovo di Archimede è estremamente delicato: non ha colori mescolati ma soltanto una tonalità di verde sottilmente madreperlaceo che si espande come un profumo di bosco. Nessuna lavorazione particolare; nessuna ambiguità nè estetica nè semantica. Anzi, si tratta di un uovo il più semplice possibile, che pare alzarsi in volo come una mongolfiera, sorretto com’è da eleganti costolature.

Un segno del gusto attuale? Potrebbe essere, almeno se è vero che il nostro gusto, avviato verso l’appuntamento fatidico del Duemila, non può che unire sobrietà ed eleganza, cioè classicità a natura. La cultura d’oggi è in realtà satura di sofisticazioni, oltre che di ideologismi. Mira alla purezza dell’ogos. Ieri si parlava di anticlassicismo, oggi si riparla di classicità: così nell’arte come negli altri aspetti del vivere, dal design all’abbigliamento.

Vaso e coppa VerdeSerenella 18, 1996. Vaso e coppa percorsi da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. H. cm. 15,5; h. cm. 31,5.

L’uovo di Archimede risponde – emblematicamente – a questo bisogno di equilibrio biologico. Resta sempre un uovo: nella forma perfetta che gli ha dato Piero della Francesca nel sublime dipinto di Brera. Ma è anche un uovo che riflette il nostro tempo. Si potrebbe dire, come abbiamo detto per i vasi Verde Serenella 18: è un uovo che accoglie nel suo verde appena virato nella liquidità cangiante il senso di una natura ritrovata.

Allora? Non è l’uovo di Colombo semplicemente perchè è l’uovo di Archimede e si chiama, appunto, Verde Serenella 18. Già questo nome è un augurio.

Uovo 1996 “Verde Serenella 18”. Uovo in vetro soffiato decorato da una leggera costolatura in vetro Verde Serenella 18. H. cm. 12,5.